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Credere, distruggere. Gli intellettuali delle SS
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€34,00
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Christian Ingrao
Uno dei punti più controversi della storiografia è la demonizzazione totale di una delle parti in causa. Anche le ricerche storiche più accreditate e le tesi più interessanti inciampano sempre in questo presupposto. Questo saggio non fa eccezione pur dimostrando una tesi plausibile. Il Nazionalsocialismo, in Germania, fu anche una poderosa macchina burocratica che, in quanto tale, doveva servirsi degli uomini più preparati. Per questo, il Reich aveva scelto proprio chi aveva ricevuto un'educazione d'eccellenza. Giuristi, dottorandi in economia o in storia, giovani laureati in blasonate università come quella di Heidelberg e di Jena costituirono un'élite di intellettuali che, pur non rientrando nella cerchia degli uomini più fidati di Hitler, svolse un ruolo fondamentale nell'esercizio quotidiano del potere. Ma cosa li spinse a mettersi a servizio del Nazionalsocialismo? L'originale, e controversa, tesi di Ingrao è che la generazione di Tedeschi, ancora bambini nel primo dopoguerra, non abbia mai "elaborato il lutto" della sconfitta. Tanto più quelli provenienti da aree di confine che subirono occupazione ed espropri, come raccontano le travagliate biografie dei tanti intellettuali delle SS raccolte nel libro. Il messaggio nazionalsocialista rappresentò il transfert di una rivincita anche ideale, un sogno di perfezione che portava a termine il progetto che la Prima guerra mondiale aveva interrotto: un invincibile "Grande Reich millenario".