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Luca La Rovere
Secondo una tradizione
giornalistico-letteraria e storiografica, il 25 luglio 1943 gli
italiani si sarebbero adattati con prontezza e disinvoltura al nuovo
clima politico antifascista. Che fosse utilizzata per stigmatizzare
l'eterno opportunismo italico o come prova della tenace avversione
covata dalla società nei confronti della dittatura, quella narrazione
ha avvalorato l'idea del completo fallimento dell'esperimento
totalitario fascista. Indagando nelle pieghe più riposte della
coscienza collettiva nazionale dell'immediato dopoguerra, l'autore
porta alla luce la percezione affatto diversa che della dittatura e dei
suoi lasciti ebbero i contemporanei, punto di partenza per ricostruire
il rapporto intrattenuto dagli italiani con l'esperienza e la memoria
del fascismo e per valutare l'impatto del progetto totalitario del
regime e i suoi effetti di lungo periodo sulla società italiana.
L'attenzione viene focalizzata sulla gioventù intellettuale che più di
altri settori della popolazione era stata esposta all'azione di
pedagogia totalitaria del fascismo, per rilevare i condizionamenti di
quella formazione originaria, le linee di continuità e le fratture nel
percorso di transizione al postfascismo.