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Foibe. Le stragi negate
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Gianni Oliva
Dopo la fine della guerra, tra il maggio e il
giugno 1945, migliaia di italiani della Venezia Giulia, dell'Istria e
della Dalmazia vengono uccisi dall'esercito jugoslavo del maresciallo
Tito, molti di loro sono gettati nelle "foibe", che si trasformano in
grandi fosse comuni, molti altri deportati nei campi della Slovenia e
della Croazia, dove muoiono di stenti e di malattie. Le stragi si
inquadrano in una strategia politica mirata a colpire tutti coloro che
si oppongono all'annessione delle terre contese alla nuova Jugoslavia:
cadono collaborazionisti e militi della repubblica di Salò, ma anche
membri dei comitati di liberazione nazionale, partigiani combattenti,
comunisti contrari alle cessioni territoriali e cittadini comuni.