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Il Regio Esercito nella bufera della rivolta albanese (maggio -
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Alberto Galazzetti, Stefano Antonelli
Il Regio Esercito italiano sbarcò per la prima volta in Albania il 26
ottobre 1914, per una missione umanitaria: il soccorso alla popolazione
civile, colpita da un'epidemia di colera, e ai 25.000 profughi
provenienti dall'Epiro che cercavano scampo ai massacri perpetrati dai
greci. Negli anni seguenti la presenza italiana andò vieppiù
rafforzandosi, in ragione soprattutto dell'importanza che, durante la
Grande Guerra, il fronte albanese venne ad assumere quale baluardo al
predominio austriaco sull'Adriatico. In particolare, nell'estate del
1918 ebbero luogo violenti combattimenti, nei quali rifulse il valore
della cavalleria italiana: non furono solo 2 reggimenti, il 22°
Cavalleggeri di Catania e il 30° Cavalleggeri di Palermo, ad essere
decorati al valor militare, ma anche - caso unico nella storia
dell'Arma - un singolo squadrone, lo Squadrone Sardo.
Finita la guerra, l'incertezza della politica estera italiana e il
nascente nazionalismo albanese posero le condizioni da cui scaturì una
rivolta che nulla ebbe ad invidiare, quanto a violenza ed estensione,
alla sollevazione delle tribù libiche del 1915. In particolare, tra il maggio e l'agosto del 1920 il Regio Esercitò
dovette affrontare la ribellione di migliaia di armati. Nonostante il
valore dimostrato dalle poche forze presenti in Albania - tra cui si
distinsero gli arditi del 1° Reggimento d'assalto e gli alpini del 6°
Raggruppamento - la situazione si fece ben presto disperata perché il
Governo italiano, incapace di fornire un'adeguata risposta politica,
abbandonò al proprio destino le scarse truppe ivi dislocate. Alla fine, se gli italiani dovettero lasciare l'Albania non fu certo
per una sconfitta militare; infatti, come scrisse il generale
Piacentini, "Nostre truppe hanno tutte fatto splendidamente loro dovere".
Brossura 17 x 24 cm. pag. 158 con oltre 120 foto b/n