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Meditazioni delle vette
Prezzo:
€19,50
(incluso 4 % I.V.A.)
Julius Evola
La
predilezione di Julius Evola per le altezze spirituali e per le
vertigini metafisiche del pensiero ebbe una controparte concreta e
pratica: il filosofo tradizionalista praticò negli anni Venti e Trenta
l'alpinismo più audace con scalate di sesto grado superiore e
arrampicate sui ghiacci, cosa che nel mondo della cultura lo accomuna a
personaggi come Aleister Crowley e Dino Buzzati. Di queste sue
esperienze scrisse su pubblicazioni specialistiche (La rivista mensile
del Club Alpino Italiano) e sulla stampa diretta a lettori generici (i
quotidiani Il lavoro d'Italia, Corriere Padano, Il Regime fascista,
Roma), non solo trasfigurandole magistralmente alla luce del mito, del
simbolo e di una spiritualità superiore, ma anche collegandole alla
vita quotidiana, alle trasformazioni della società e ad un nuovo modo
di intendere la politica.
Nella
quinta edizione riveduta, corretta e ampliata di questa antologia,
apparsa per la prima volta nel 1974 con l'approvazione dell'Autore, si
troveranno 20 testi apparsi fra il 1927 e il 1942, più due del
dopoguerra, quando il filosofo era ormai immobilizzato, che permettono
di annoverare Meditazioni delle vette (che ha avuto traduzioni in
spagnolo, francese e inglese) fra i «classici» della letteratura di
montagna, anche se sui generis.
Questo
tipo di esperienza, afferma più volte Julius Evola, è insieme azione e
contemplazione, una efficace reazione - sempre che «l'alpinismo non
equivalga a professione della montagna» (1933) - per fronteggiare
positivamente gli aspetti negativi del mondo attuale.
«Nella
civiltà moderna, tutto tende a soffocare il senso eroico della vita.
Tutto tende alla meccanizzazione, all'imborghesimento,
all'accomunamento regolato e prudente di esseri fatti di bisogni e
ognuno insufficiente a sé medesimo: il dèmone della metropoli
pietrifica ogni vita, sincopa ogni respiro, contamina ogni fonte»
(1927). Ma andare in montagna non vuol dire affatto «caccia
all'emozione per l'emozione stessa, che provoca, specie in America,
ogni sorta di stravaganze e frenesie» (1936). Viceversa, contro ogni
deleterio turismo di massa, contro ogni banale «amore della natura» e
contro ogni frivolezza snobistica, «la montagna insegna il silenzio,
disabitua dalla chiacchera, dalla parola inutile, dalle inutili,
esuberanti effusioni» (1942).