Giovanni Todaro
Nell'immaginario
collettivo, i conflitti che hanno insanguinato i secoli del medioevo e
prima ancora le guerre combattute dalle grandi civiltà del passato,
romana e greca in primis, sono ricordati come roboanti cariche di
cavalleria o immensi schieramenti di uomini, luccicanti nelle loro
armature di metallo, che, con gli stendardi variopinti al vento, si
scontravano con clangore assordante in campo aperto... Schiere di
ingegneri, carpentieri, falegnami, fabbri, genieri ed artiglieri
seguivano le legioni in movimento, realizzando, spesso in loco, le
necessarie macchine belliche, edificando forti per il presidio del
territorio e predisponendo le opere edili necessarie ad affrontare
assedi che a volte duravano anni. Con le invasioni barbariche e la
caduta dell'impero romano, tale patrimonio di conoscenze, maturate in
secoli di conflitti, assedi, contrassalti e difese cittadine, cade nel
dimenticatoio. Sarà compito dei Bizantini, prima, e
dell'incastellamento feudale, poi, ridare vita e nuovo smalto ai
princìpi ed alle tecniche poliorcetiche di antica e classica cultura
militare.
Frequenti sono, in questo studio di Giovanni Todaro, i parallelismi tra
l'arco-balista di romana memoria e l'"artiglio di Allah", tra il mondo
classico ed il medioevo, a significare una continuità solo sopita dai
contraccolpi generati dalla caduta dell'impero romano; il soldato
cartaginese come il cavaliere feudale erano ancora più temibili tra le
loro mura, e da esse andavano snidati. Alesia come il Crac des
Chevaliers, Cartagine come Costantinopoli... la trattazione dei singoli
strumenti, evoluzione e summa di esperienze precedenti,
l'approfondimento che di loro effettua l'autore, ci consentono di
respirare ancora l'odore acre della pece in fiamme, di ascoltare di
nuovo lo scricchiolio delle ruote di enormi torri d'assedio in
avvicinamento alle mura.
Brossura 17 x 24 cm. pag. 148 con 58 illustrazioni b/n + 27 foto a colori
Stampato nel 2003 da Penne e Papiri
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